O-Bento con la maionese fatta in casa

Domani sarà il 1° Maggio e se il meteo ci assiste sarà la giornata perfetta per una bella scampagnata con tanto di pranzo al sacco.
Nel pensare a qualcosa da proporvi per questa occasione, mi è venuto in mente che siamo all’inizio della Golden Week giapponese: un periodo in cui diverse festività nazionali (iniziando dal 29 Aprile fino al 5 Maggio) si susseguono dando così la possibilità a chi può di viaggiare e visitare il paese.
Complice il fatto che avevo appena preparato la maionese, ecco allora che nasce un o-bento che strizza l’occhio alla cucina fusion e non fa gridare all’attentato i fidanzati più scettici.

L’o-bento è il pranzo al sacco tipico dei giapponesi: ne esistono migliaia di versioni e la spettacolarità sta non soltanto nel gusto (come in tutti i pasti), ma anche nella presentazione del cibo, in quella della scatola e persino del foulard che la avvolge.
Le 2 scatole che ho usato sono a loro volta divise in due, in modo che il cibo non sia per forza tutto mischiato; e le ho riempite con:

  • 2 onigiri al salmone e maionese;
  • un po’ di riso avanzato con gomasio e umeboshi;
  • wurstel;
  • insalata russa;
  • pomodorini ciliegino;
  • frittata alla cipollina e spinaci;
  • pompelmo aromatico;
  • fragola.

Normalmente la farcitura dell’onigiri è tonno e maionese, ma ho voluto renderlo più interessante usando il salmone.

L’umeboshi è una specialità tipica giapponese e si tratta di prugne in salamoia che dopo il trattamento assumono un gusto acido e salato: mangiate a fine pasto sono una bomba per la digestione.

In pratica l’o-bento si trasforma così in un pasto completo: dal primo al digestivo!

Preparate un buon Sencha freddo e portatelo con voi: il suo sapore fresco si accompagnerà perfettamente ai sapori acidi e completerà gli altri.

Per armonizzare i sapori di questo ricco bento, Alba suggerisce in abbinamento un Colli Bolognesi Pignoletto, vino bianco, fresco di decisa sapidità e ritorni minerali.

Valeria

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Cappelletti in brodo di pollo

wpid-cappelletti.jpgIn molte regioni d’Italia si dice che il calore del brodo apra la stomaco e predisponga alla sontuosità del pranzo di Natale. Sarà che sono originaria di una città nota per la rigidità del suo clima, sarà che amo accogliere i primi freddi autunnali sprofondando nel piacere del comfort food, ed ecco spiegata la scelta di questo fumante e corroborante primo piatto in odore di festa.
Esistono varie declinazioni della stessa ricetta e possiamo scoprirle tutte valicando i confini regionali in risalita da sud a nord attraverso lo stivale.
L’Emilia Romagna, le Marche, il Lazio e l’Abruzzo vantano ciascuna le proprie usanze in fatto di brodo e di paste fresche ripiene. Ciò che li differenzia è soprattutto la ricchezza della farcitura e le carni adoperate per il brodo. In ogni caso, che siano cappelletti di magro, di pollo, di tacchino o di cappone, restano un caposaldo della cucina domestica, quella tramandata nel tepore dell’andirivieni familiare di generazioni, storie, racconti e gesti che sanno di casa.
E proprio nell’intimo della mura domestiche in una serata di inizio autunno, ho mangiato questi cappelletti semplici ed essenziali, squisiti nella loro sobrietà.
Vi lascio la ricetta che mi ha gentilmente passato Licia, la padrona di casa, un’ottima cuoca.

Vi suggerisco in abbinamento un Colli Bolognesi Classico Pignoletto, dall’impatto gustativo morbido e avvolgente con un finale sapido deciso e piacevole.

Valeria propone una tazza di Nilgiri, tè indiano dalle note neutrali che ben esalta la delicatezza del piatto.

Alba

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Passatelli in brodo

Nel robusto panorama gastronomico romagnolo, questa minestra in brodo, spicca per la sua semplicità, oltre che per la sua squisitezza.

I passatelli sono una deliziosa bontà che vale la pena imparare a cucinare.

Si tratta di una pasta della tradizione che nasce da un impasto base di uova, parmigiano e pane raffermo grattugiato che prevede, nella versione originale anche l’aggiunta di midollo di bue.

Se decidete di utilizzare anche questo ingrediente, dovrete lavorarlo a crema con una spatola per ammorbidirlo ed poi amalgamarlo all’impasto.

Bisogna prestare attenzione agli ingredienti che nella loro essenzialità devono essere ottimamente scelti: vi consiglio di usare un Parmigiano Reggiano Dop, magari stagionato 36 mesi.

Inoltre è essenziale che il pangrattato sia stato preparato col pane comune: se fatto con panini al latte o all’olio, i passatelli si sfalderebbero in cottura.

Per realizzare questa pasta è richiesto l’uso dell’apposito “ferro da passatelli” che verrà posto sopra all’impasto e pressato in modo che dai suoi fori fuoriescano dei cilindretti ruvidi di pasta che andranno tagliati alla lunghezza di 4 cm, secondo i dettami della tradizione.

In alternativa si può adoperare, con ottimi risultati, uno schiacciapatate a fori larghi.

Suggerisco in abbinamento un Colli Bolognesi Pignoletto Superiore, vino bianco sapido, fresco che chiude con ritorni fruttati e refoli minerali.

Valeria invece suggerisce un semplice Nilgiri, magari servito freddo, per non sovrastare la delicatezza del piatto.

Alba

passatelli

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