Pesto di fave e menta con pane al pecorino e maggiorana

L’accoppiata fave&pecorino, ma anche fave&salame è un must di questa stagione e non potevo esimermi dal presentarvi una declinazione speciale perfetta per un aperitivo pasquale in attesa del pranzo.

Il pesto di fave, in Liguria, è anche detto Marò probabilmente dal suo essere uno dei condimenti preferiti dai marinai e proprio al Marò mi sono ispirata per questa salsa in cui intingere un aromatico pane al formaggio.

La menta e la maggiorana sono facilmente coltivabili su un terrazzino, specie la menta che richiede solo un po’ di ombra e di acqua e ripaga con migliaia di foglie intensamente profumate.

Abbinate il tutto a un bicchiere di Darjeeling Silver Green servito freddo.

Alba consiglia in abbinamento un Frascati Superiore, vino bianco dai piacevolissimi ritorni aromatici, fresco, minerale, espressione della tipica sapidità territoriale.

Valeria

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Graffe di patate

La graffe, belle fritte, grosse, soffici e ricoperte di zucchero e cannella in polvere sono ciambelle dolci a base di farina e patate.

A Napoli si trovano praticamente tutto l’anno nelle pasticcerie, nei bar, nelle panetterie, insomma in ogni dove e rappresentano un’istituzione come il babà e la sfogliatella.

Fuori dai confini partenopei si diffondono tipicamente nel periodo di Carnevale.

Si tratta di un dolce antico che affonda la sua origine nel dominio austriaco, una ciambella ispirata ai krapfen (e questo spiega anche l’evoluzione linguistica che traslando nel dialetto napoletano avrebbe assunto il nome di graffa).

Simbolo dunque dello street food nella città di Napoli, la graffa viene proposta anche farcita da cascate di panna o di cioccolato (fate un giro allo Chalet Ciro a Mergellina e vi si spalancherà un mondo!).

Come per ogni ricetta della tradizione, la migliore è sempre quella di famiglia, gelosamente trascritta su un foglio unto conservato in fondo ad un cassetto della credenza.

Nel film Il mistero di Bellavista, Luciano De Crescenzo spiega come il ragù cambia da quartiere a quartiere: il ragù fatto al Vomero non è il ragù di via Toledo.

Dico questo perché il concetto è estendibile a tutti i piatti tradizionali, graffe comprese.

Ed è stata questa riflessione che mi ha portata a chiamare mia zia Rita a Battipaglia, certa di ottenere la formula alchemica perfetta. L’intuizione è stata giusta: le graffe di Rita non hanno rivali, sono inebrianti e golose. Gustate fritte al momento, ancora calde, leggere e fragranti, sono una vera goduria.

Propongo in abbinamento un Moscato di Trani, vino dal sorso dolce e vellutato, efficacemente controbilanciato da un corredo sapido e minerale e da una piacevole, lunga eco aromatica.

Valeria propone in abbinamento una tazza di Assam Banaspaty, tè indiano dalle spiccate note maltate ideale con i fritti.

Alba

graffeIngredienti

  • 500 grammi di farina 00
  • 40 ml di latte
  • 13 grammi di lievito di birra
  • 50 grammi di zucchero (nell’impasto)
  • 300 grammi di patate
  • 3 uova
  • 40 grammi di burro
  • 2 cucchiai di liquore Strega
  • scorza grattugiata di limone e di arancia non trattati
  • zucchero semolato
  • cannella in polvere

Lessate le patate, poi una volta cotte pelatele e schiacciatele con lo schiacciapatate.

Sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido.

Procedete con l’impasto: nella ciotola della planetaria mettete la farina setacciata, lo zucchero, le patate, il lievito sciolto nel latte, il burro morbido a temperatura ambiente, la scorza grattugiata del limone e dell’arancia, le uova, il liquore e un pizzico di sale.

Lavorate il tutto col gancio dell’impastatrice per una decina di minuti in modo da ottenere un composto elastico ed omogeneo.

Date all’impasto uno forma arrotondata e ponetelo a lievitare coperto con la pellicola trasparente per circa un paio d’ore, fino a quando non raddoppierà di volume.

Trascorso il tempo di lievitazione ponete l’impasto su un tagliere infarinato, staccate dei pezzetti di circa 50 grammi, formate dei cilindri di circa 12 cm che andrete ad unire ad anello e poneteli distanziati su un foglio di carta forno. Lasciate lievitare nuovamente per 30 minuti.

Friggete le graffe in abbondante olio di arachide, giratele una volta per farle cuocere uniformemente da entrambi i lati in modo da ottenere una bella doratura.

La temperatura dell’olio è fondamentale per ottenere un risultato perfetto. Fate come me: usate un termometro da cucina e aspettate che l’olio raggiunga i 180°. Tuffate le graffe soltanto a quel punto!

Adagiatele sulla carta assorbente e cospargetele di zucchero semolato e cannella in polvere.

Schiacciata all’uva

L’autunno bussa alle porte coi primi temporali e le giornate di luce sempre più brevi. Le scorpacciate di cocomero lasciano il posto ai primi assaggi succosi di uva, fichi e prugne.

Quest’anno la luna piena più vicina all’equinozio di autunno ha tinto proprio ieri il cielo di sfumature calde, toni che viravano dal giallo all’arancio offrendo la suggestione di una notte straordinariamente luminosa.

Il fascino della luna piena è stato condizionato dalla coincidenza con un’eclissi penombrale, quella che si verifica quando la luna attraversa il cono di penombra che la Terra proietta nello spazio.

La cosiddetta “luna rosa” quest’anno, per una felice congiuntura nel segno dei Pesci, pare sia carica di buon auspici: l’emergere della Verità e il superamento del passato irrisolto.

E mentre in Italia eravamo tutti col naso in aria ad ammirare quella che i nativi americani chiamano “la luna del raccolto”, in Cina e in Vietnam veniva celebrata la festa di Metà Autunno conosciuta anche come festa della luna (perché al suo stadio più pieno e luminoso).

Viene celebrata secondo il calendario lunare, tra la seconda metà di settembre e i primi di ottobre in un periodo temporale piuttosto vicino all’equinozio d’autunno.

È una delle festività più note e sentite dal popolo cinese e porta con sé un corollario di tradizioni culturali anche gastronomiche come la preparazione dei mooncake, dolci di sfoglia (dalla forma tonda appunto come la luna piena) che racchiudono una farcitura densa e dolciastra.

Quest’anno la festa di metà autunno cade tra il 15 e il 17 settembre e noi di Passioni da Bere non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione per ricordarla a modo nostro con una ricetta autunnale che sa di mosto e di dolci acini sottratti alla voracità golosa delle vespe.

La schiacciata con l’uva, detta anche Ciaccia in toscano, è una focaccia dolce, morbida, profumata fatta con la pasta di pane lievitata, una preparazione semplice e genuina che viene preparata durante la vendemmia.

Gli anici ideali per realizzare questa soffice schiacciata sono quelli del vitigno canaiolo, una cultivar tipica del Chianti oppure quelli dell’uva fragola altrettanto piccoli, tondi e succosi.

Purtroppo oggi il mercato era sguarnito e ho dovuto ripiegare sull’uva nera Palieri quella dagli acini ovali e grandi.

Consiglio un Refrontolo Passito, vino dolce dai delicati sentori di frutta rossa e nera, non stucchevole, morbido, di buona struttura e persistenza.

Per questa deliziosa schiacciata Valeria consiglia di abbinare un tè nero aromatizzato Melograno-Cranberry che con le sue note fruttate e autunnali esalta il gusto dell’uva.

Alba

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schiacciata all’uva

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Pan-brioche marmorizzato al miele e noci

Lo so: fa caldo! Ma l’estate è la stagione ideale per i lievitati visto che si può sfruttare naturalmente sia il caldo che l’umidità. 😉 Se poi avete un forno di campagna: il problema è risolto!

L’idea per questo dolce ipercalorico mi è venuta in Slovenia, dove ho passato alcuni giorni e dove i dolci sono energetici per affrontare tutto: dal cattivo tempo all’alta montagna!

Con questa dose potete sfornare una grossa pagnotta, ma se non avete intenzione di dividerla tra parenti o amici, vi consiglio di dimezzare almeno le porzioni.

Assaporate una ricca fetta di questo dolce con una tazza di Darjeeling, che con le sue note leggermente legnose ben si sposa con il gusto del miele e delle noci.

Alba suggerisce in abbinamento un calice di Moscato di Noto, vino dolce aromatico nei rimandi di miele. Assaggio gratificante ravvivato da succulenti tracce saline.

Valeria

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Brioche all’albicocca e zenzero

Di solito i miei abbinamenti si basano sul tè, ma per partecipare al #fairtradechallenge, la più grande pausa caffè del mondo indetta da Fairtrade, Alba e io abbiamo deciso di usare il caffè, facendo ricadere la nostra scelta su un prodotto nicaraguese.
Fairtrade sta cercando di stimolare la scelta e il consumo consapevole di caffè per aiutare i piccoli produttori sparsi per il mondo nella loro lotta quotidiana alla povertà e al cambiamento climatico.
Nel video seguente si può ammirare il loro lavoro e come i nostri soldi attraverso Fairtrade li aiutino: tutto in una tazzina di caffè!

Il caffè del Nicaragua è conosciuto come “caffè lavato” e la sua varietà Maragogype ha il primato per i chicchi più grandi.  Coltivato in montagna su crinali di origine lavica, viene classificato a seconda dell’altitudine a cui è raccolto.

In tazza è fragrante e complesso: superate le naturali note di noce e nocciola date dalla tostatura, si viene colpiti da un bouquet dove spicca preponderante la vaniglia, seguita dalla frutta tropicale.  Di medio corpo, cremoso e con una moderata acidità lo trovo perfetto con il cioccolato, le albicocche e i frutti di bosco.

Così ho pensato di abbinarci una brioche fruttata dalla dolcezza variabile data dal miele: infatti potete aumentarne la dose per rendere la brioche più dolce o diminuirlo. Essendo il miele un liquido regolatevi anche con la farina da aggiungere 🙂

Lungi da me paragonare questa brioche alla famosissima “brioscia col tuppo” siciliana, ma detto tra noi, la mia non si offende se la vorrete provare con una deliziosa granita al caffè e panna, magari preparata proprio con il caffè Fairtrade. 😉

Per questa soffice brioche con frutta secca, Alba propone in abbinamento una Malvasia delle Lipari Passito, vino dolce e morbido, di intensa aromaticità, supportata da una vena acida e da una sapidità minerale di ottima persistenza.

Valeria

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La ricetta di un burger vegetariano per un #Planet5050 by 2030

Eccoci di nuovo alla nostra consueta ricetta “in rosa” per la Festa della Donna, uno spazio in cui lasciamo un po’ da parte l’aspetto prettamente culinario per parlare di un argomento che il più delle volte viene preso sottogamba gli altri 364 giorni e che molte delle pratiche quotidiane a cui siamo abituate non fanno che inasprire: la discriminazione e l’uguaglianza di genere.

Le donne hanno diritto al pieno e uguale godimento di tutti i loro diritti umani e di essere libere da ogni forma di discriminazione. Tuttavia, la discriminazione nei confronti delle donne persiste in molte aree, direttamente e indirettamente, attraverso le leggi, le politiche, le norme sociali, le pratiche e gli stereotipi di genere. L’uguaglianza di genere di fronte alla legge non significa necessariamente che le donne in pratica hanno pari opportunità.

Questa infografica delle Nazioni Unite dà un’occhiata più da vicino alle varie forme di discriminazione che le donne devono affrontare nel mondo (quindi anche da noi).
Infographic: Human rights of women

Mentre questa ci dà l’idea che l’uguaglianza di genere è ancora lontana.
Infographic: Gender equality – Where are we today?

La ricetta di oggi è volutamente “maschile” nell’aspetto, in quell’ottica in cui si vuole i pub e le paninoteche frequentate da uomini, “violenta” per quel coltello piantato come se nulla fosse ed “eccessiva” per quell’idea che le donne non possono e non devono mangiare, ma il tutto è in versione vegetariana… quasi un affronto allo stereotipo; gli ingredienti usati vengono quasi tutti da imprese femminili, dal commercio equo-solidale e dal BIO (per identificare le imprese femminili rivolgetevi ai commercianti o alla camera di commercio).

La ricetta della polpetta di barbabietola è tratta dritta dritta da Clea, autrice del blog Clea Cuisine.

Gli ingredienti sono per 6 panini, numero ideale da dividere tra amiche e amici o tra parenti, in una convivialità che esige l’aiuto in cucina, la condivisione e la discussione. Da bere potreste scegliere la classica birra Porter, o una tazza di Kukicha tostato, tè giapponese dal gusto forte e dolciastro con una delicata nota di caffè che ricorda il cioccolato fondente o , come consiglia Alba in abbinamento, un Sannio Falanghina, vino bianco dall’assaggio fresco, scorrevole e sapido in chiusura.

Valeria

veggie burger violence

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