Pancake verdi con quenelle di ricotta di capra, barbabietola in agrodolce e riduzione di vin brulè

17 Marzo, giorno di San Patrizio: una delle feste più sentite del mondo occidentale, grazie o a causa, della diaspora degli Irlandesi fuori dalla loro splendida isola. Ogni anno intere città si tingono di verde e fiumi di birra scorrono, tra trifogli sacri e profani. Anche quest’anno ho deciso di proporvi una ricetta nordica e smeraldina ideale per salutare l’inverno che se ne va e la primavera che arriva: dei pancake salati a base di piselli, da accompagnare con un’aromatica composta di ricotta, barbabietole e una riduzione gustosissima di vin brulè.

Oltre alla classica birra scura, potete abbinare questi pancake a una tazza di Tè degli Dei, che con le sue note amare di cacao ben bilancia la dolcezza del piatto.

Alba, invece, propone in abbinamento un Orvieto Classico Superiore, vino avvolgente, sapido e dall’intensa trama minerale.

Valeria

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Spezzattino all’antica con l’issopo

La ricetta di questo spezzatino è detta all’antica perché arriva dritta dritta da un ricettario medioevale, ma con delle differenze sostanziali: la carne utilizzata era quella di castrato di agnello, in virtù anche della sua lunga cottura.

L’issopo è una pianta mediterranea usata in erboristeria per le sue proprietà digestive, antispasmodiche ed espettoranti: si può trovare secco, oppure acquistarlo in vaso e rimanere deliziati dalla spettacolare fioritura di centinaia di fiorellini azzurri. Dal punto di vista simbolico è la pianta per eccellenza della purificazione a cominciare proprio dall’episodio dell’Esodo che ha dato l’inizio alla Pasqua ebraica: con i suoi rami intinti nel sangue dell’agnello vennero segnati gli architravi delle case per evitare la strage dei primogeniti ebrei poco prima della fuoriuscita dall’Egitto.

Non c’è da meravigliarsi che nella ricetta originale la carne ovina fosse associata all’issopo.

Perché allora non vi propongo quella ricetta?

Per gli stessi motivi per il quale non vedrete mai nei nostri menù pasquali l’agnello o l’abbacchio!
In questi giorni sarete stati bombardati da immagini forti sui macelli e sulla mattanza degli agnellini: non ci vuole una laurea in economia per sapere che se la domanda è altissima, la catena di montaggio che è la macellazione tocca vertici spaventosi e inumani! Tra le motivazioni questa è una e non starò qui a rimarcarla.
Non sono vegana, né vegetariana, anche se decisamente apprezzo più le verdure che la carne, ma questo non vuol dire che non si debba essere consapevoli della qualità degli allevamenti scegliendo le carni con attenzione e sapendo che, in una dieta varia, la carne (compresi gli insaccati) deve essere alternata ai latticini/formaggi, alle uova, al pesce (e all’infinita varietà di specie acquatiche) e ai legumi altamente proteici come la soia.
L’uso dell’agnello nella Pasqua ebraica rimandava direttamente al sacrificio estremo: quello del primo figlio maschio, quello dell’uccidere un cucciolo che non sarebbe mai cresciuto dando, in una civiltà contadina, molta più carne per sfamarsi, l’immolare un essere innocente e puro per riscattare i propri figli. La Pasqua cristiana accoglie il simbolismo dell’agnello nella figura di Gesù Cristo morto e risorto: lui stesso si è fatto agnello sacrificale, lui il primogenito! Tecnicamente niente più agnelli… Quindi a meno che non si voglia celebrare un sacrificio religioso, si può anche evitare!
Tocchiamo ora la tradizione culinaria di molte regioni: la simbologia cristiana, la cultura contadina, il sincretismo pagano e mille altri fattori hanno portato sulle tavole pasquali l’agnello. Vale la stessa cosa di sopra: oggi si fa per tradizione?
Oppure si fa per gola? E’ indubbio che la carne di qualsiasi cucciolo sia più tenera e adatta a cotture brevi, ma l’ingordigia non era uno dei vizi capitali? Stride un attimo con la festa cattolica che tutti dicono di stare festeggiando.
Poi ognuno è libero di fare quello che crede giusto!

E dopo avervi elencato alcune delle motivazioni (e largo alle polemiche) ecco la ricetta!

Provate ad abbinarla a una tazza di Darjeeling First Flush, le sue note leggermente vegetali si abbinano perfettamente al ricco uso di erbe.

Alba suggerisce in abbinamento un Montepulciano d’Abruzzo, vino dal sorso morbido e caldo ricco di sfumature sapide. Intelaiatura tannica fitta ma mai prevaricante. Ritorni che sfumano su cenni speziati in chiusura.

Valeria

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Pansoti con borragine alla salsa di noci

I pansoti (o pansotti) sono una pasta ripiena tipica della cucina ligure. Il nome buffo deriva forse dal fatto che la pasta ha un aspetto panciuto.

La ricetta originale prevede una farcia molto particolare perché ricca di erbe selvatiche che compongono il “preboggion”, appunto questa mescolanza di erbe spontanee.

Purtroppo vivo a Roma, lontana dalle valli di Rapallo (dove pare sia nata questa ricetta) e ho dovuto farcire i miei pansotti soltanto con la bietolina, gli spinaci e la borragine.

Ci vuole arte per riconoscere le erbe spontanee commestibili, ed un tempo questo sapere veniva tramandato per necessità, per integrare le risorse alimentari che durante le guerre scarseggiavano. Oggi la tendenza a recuperare le cucine povere ci porta alla riscoperta di sapori antichi.

Non esiste una miscellanea precisa per il preboggion perché la raccolta delle erbe varia a seconda dei periodi e delle zone. Le erbette migliori si raccolgono sicuramente in primavera e mi piace elencarne alcune che non sono esattamente domestiche: borragine, ortica, raperonzolo, pissarella, cerfoglio, pimpinella, cicerbita e talegua.

Questa pasta fresca viene servita quasi sempre con una gustosa salsa a base di noci altrettanto tipica.

Anche nella salsa alle noci ho apportato un adattamento rispetto alla formula originale: ho sostituito la “prescinseua” (la cagliata di latte fresco) con la ricotta di pecora che ha una consistenza simile.

Se alla ricotta aggiungiamo un cucchiaio di yogurt o di robiola riusciamo ad avvicinarci al sapore tipicamente acidulo della prescinseua.

Consiglio in abbinamento un Riviera Ligure di Ponente Pigato, vino bianco dal sorso morbido ma in piacevole equilibrio con la freschezza, accarezzato da una pregiata sapidità.

Valeria suggerisce in abbinamento un Jun Shan Yin Zhen, tè giallo dalle delicate note di frutta secca.

Alba

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Vellutata di piselli, insalata gentile e germogli saltati

Esiste una tonalità di verde che si chiama proprio “verde primavera”.

E la primavera infatti, per come la intendo io, è di un bel verde brillante. Un colore promettente, energizzante, che ti fa venire voglia di saltare giù dal letto e lasciare il cantuccio confortevole e rassicurante del letargo. È freschezza, sono i germogli di un rinnovato interesse alla vita.

Con questo spirito ho preparato una vellutata green con ortaggi di stagione che ho movimentato con la croccantezza dei germogli saltati. A istinto ho scelto un bel cespo insalata gentile, o gentilina, con le sue belle foglie ondulate, quasi ricce, increspate e voluminose. È una varietà di lattuga dolce e croccante adatta anche alla cottura.

Le giornate si allungano, da domani avremo un’ora di luce in più ma dormiremo un’ora di meno. Alle 2 di notte, tra sabato 25 e domenica 26, sposteremo le lancette avanti di un’ora.

Per combattere l’effetto jet lag causato dall’ora legale, vi consiglio questa vellutata proprio la sera a cena: come tutte le lattughe infatti, anche la gentilina è un buon sedativo naturale che può rivelarsi utile per regolare il bioritmo.

Propongo in abbinamento un A.A. Müller Thurgau, vino bianco dal sorso fresco, appena aromatico, con una nota sapida e un finale dai cenni agrumati.

Valeria suggerisce in abbinamento un Dong Ding, oolong dalle note morbide che ben si abbina alla cremosità del piatto e ne esalta la sottile aromaticità.

Alba

Vellutata di piselli, insalata gentile e germogliIngredienti

  • 250 grammi di pisellini freschi sgusciati
  • 300 grammi di insalata gentile
  • 1 zucchina romanesca
  • 10 foglie di basilico
  • 1 cipollotto
  • ½ litro di brodo vegetale
  • 60 ml di panna
  • 30 grammi di germogli di soia
  • un pizzico di noce moscata
  • un pizzico di zenzero
  • olio extravergine d’oliva
  • sale

Pulite l’insalata gentile e sbollentatela per cinque minuti, poi scolatela e trasferitela in una ciotola con acqua e ghiaccio. Strizzatela bene e tagliatela grossolanamente.

In una casseruola fate dorare il cipollotto tritato con un filo d’olio, aggiungete la zucchina tagliata a cubetti e i pisellini sgranati. Regolate di sale e unite anche un pizzico di noce moscata, lasciate insaporire per qualche minuto, poi versate il brodo e cuocete per 10 minuti.

A questo punto, aggiungete anche l’insalata gentile e le foglie di basilico ben lavate.

Frullate il tutto col frullatore a immersione.

Aggiungete la panna e incorporatela bene a fiamma bassa per un paio di minuti.

Sciacquate i germogli di soia, quindi saltateli in padella con un cucchiaio d’olio, del cipollotto, un pizzico si sale e un pizzico di zenzero.

Servite la vellutata con i germogli croccanti.

Torta di pane al cacao con pere intere

p_20161110_204731_2.jpgLa spettacolarità dei frutti interi nelle torte ha un’origine antica e si può ritrovare anche in un ricettario medievale con una sontuosa crostata di pere; nel tempo la fantasia ha fatto il resto creando sapori e consistenze diverse e aprendo vie a commistioni interessanti.

La torta di pane è un metodo goloso per riciclare il pane raffermo ed eliminare il problema del “ho voglia di dolce, ma non ho un grammo di farina in casa”: in giro per il mondo ne esistono varianti infinite, ma le più buone sono state create nel luoghi di elezione dei grandi pani (ad esempio la zona dell’arco alpino).

Così alla fine ho deciso di unire le due idee danto vita  a una torta non dolcissima, dall’interno morbido e spugnoso e dall’invitante crosticina esterna.

Una variante ancora più golosa? Lo spazio lasciato dal torsolo delle pere può essere rimpiazzato da un invitante ripieno: provate a farcire le pere, prima di immergerle nell’impasto, con biscotti amaretti sbriciolati, oppure mandorle e pinoli caramellati o uvetta rinvenuta o un mix del tutto: basterà farne una pasta dolce e inserirla nella cavità.

Servitela con una tazza di Darjeeling Secon Flush, tè nero indiano che ben si sposa al cacao, alle spezie e al gusto unico della pera al forno.

Alba suggerisce in abbinamento un Recioto della Valpolicella, vino fresco e di piacevole dolcezza, caldo e di morbida tannicità.

Valeria

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Gateau di patate ai gamberetti in lardo di Colonnata

La moda del finger food propone da qualche tempo l’uso di avvolgere la frutta secca nelle fettine sottili di pancetta oppure di lardellare gamberi e mazzancolle.

Proprio partendo da questa ispirazione ho pensato ad un antipasto ricco di sapore e gradevole nella sua aromaticità.

Ho marinato i gamberetti in un’emulsione di olio e limone rafforzata dalla pungenza di un tocco di zenzero grattugiato per rendere la ricetta ancora più contemporanea.

Ho racchiuso il gateau in fette di lardo di Colonnata, un celebre salume IGP prodotto appunto a Colonnata, una frazione di Carrara tra le colline e le montagne nella provincia di Massa Carrara.

Noto per la particolare forma di preparazione e conservazione, viene infatti stagionato in conche di marmo proveniente dalla zona marmifera dei “Canaloni”.

Il gusto del lardo di Colonnata è sapido ma ha una spiccata tendenza dolce e un aroma intenso di erbe aromatiche e spezie.

Consiglio in abbinamento un A.A. Sauvignon, vino bianco fine e scattante con una buona dotazione fresco-sapida; finale dall’ampio respiro agrumato-erbaceao.

Valeria suggerisce una tazza di Earl Grey oolong, tè blu verde profumato al bergamotto che completa il quadro agrumato del piatto.

Alba

gateau-con-gamberetti-e-lardo-di-colonnataIngredienti

  • 500 grammi di patate
  • 4 fette di lardo di colonnata
  • 20 gamberetti
  • erba cipollina
  • 1 cucchiaio di uvetta
  • 4 cucchiai di succo di limone
  • 1 pezzetto di radice di zenzero
  • pepe bianco
  • olio extravergine d’oliva
  • noce moscata
  • 1 noce di burro
  • sale

Pulite i gamberetti, rimuovete la testa, la coda e il guscio. Fate una piccola incisione sul dorso dei gamberi ed eliminate anche il filamento intestinale aiutandovi con la punta di un coltellino.

Raccogliete i gamberetti in una ciotola, salateli, aggiungete una manciata di pepe bianco e una grattugiata di radice di zenzero.

Preparate un’emulsione di olio e succo di limone e versatela sui gamberetti. Mescolate bene, coprite con una pellicola trasparente e lasciate a marinare in frigorifero per circa un’ora.

Nel frattempo lessate le patate, poi fatele raffreddare, sbucciatele e schiacciatele.

Fate rinvenire l’uvetta in una ciotolina d’acqua per 20 minuti.

Raccogliete in una ciotola la purea di patate, salate, aggiungete il burro, una grattata di noce moscata, l’erba cipollina sminuzzata e l’uvetta.

Unite anche i gamberetti scolati dalla marinatura e mescolate bene.

Foderate 4 terrine con le fette di lardo e riempitele col gateau di patate.

Infornate per 15 minuti a 200°.

Sformate e servite tiepidi con un filo d’olio extravergine d’oliva e del pepe bianco macinato fresco.