Capitolo 26, una tazza di Gunpowder e tartine al cetriolo

Elisa continua la sua “investigazione” recandosi alla tabaccheria-ufficio postale. Qui incontra Pietro, il figlio della proprietaria, lo stesso che saltuariamente aiuta Vittoria nel suo giardino. Non riesce a ricavare molte informazioni sulle possibile spedizioni. Sul far della sera Roccamori iniza a entrarle dentro e a dischiudere sentimenti ed emozioni sopite.

Il capitolo viene intitolato al tè “viaggiante” per eccellenza: il Gunpowder.
Per accompagnarlo ho scelto delle semplici tartine con burro salato, cetrioli e scorza di limone.
Alba suggerisce in abbinamento un Alto Adige Pinot Bianco, vino dalle delicate note di mela golden e fiori di campo, fresco, erbaceo e leggero.

Valeria

Tartine ai cetrioli

Ingredienti:

  • pane in cassetta
  • cetrioli tagliati a fettine sottili
  • burro (o formaggio spalmabile)
  • sale e pepe

Spalmate due fette di pane con il burro (o con formaggio morbido, tipo Philadelphia), sistemate su una fetta i cetrioli tagliati a fettine sottili, cospargete di sale e pepe, copriteli con l’altra fetta.

* Come variante, potete aggiungere una spruzzata di limone e qualche foglia di menta.

“Gyutan Ramen” fusion

Perché uso la parola fusion e che cosa è la cucina fusion?
Iniziamo dalla definizione. La cucina fusion fonde nelle sue ricette elementi di diverse tradizioni culinarie dando vita a qualcosa di nuovo; il termine risale agli anni ’70 (quindi niente di recente), ma possiamo ben immaginare che la cucina fusion esista da quando l’uomo ha iniziato a viaggiare e a spostarsi. Fusion può essere l’accomunamento di cucine geograficamente vicine (ad esempio cinese, giapponese e thailandese o texana e messicana) oppure la fusione creativa di cucine lontane (è fusion la pizza in stile Californiano e la Taco pizza).

Mi rendo conto che gli ultimi due esempi vi hanno un po’ scosso quindi vi lascio un attimo per riprendervi.

Come i fans sanno, sono abbastanza radicale su alcune cose (la ricetta del Pesto è un inno alla territorialità) per questo non me la sento di spacciare per “autentica” una ricetta quando palesemente non è fatta in modo canonico; se poi utilizzo elementi italiani in piatti che non lo sono allora diventa fusion.
La fusion dapprima è stata osannata, poi demonizzata, infine accantonata, dal canto mio apprezzo sia la cucina fusion che quella originale, basta che ci sia sincerità e qualità: non spacciarmi per vero qualcosa che non è e già mi stai simpatico!

Tutto ciò che c’entra con il piatto di oggi? Oggi vi presento la fusione tra un piatto della cucina giapponese e uno di quella italiana: la combinazione tra il Gyutan Ramen e il Lesso del brodo.

Il ramen è un piatto della cucina giapponese, probabilmente mutuato dalla cinese, e si compone di solito di tagliolini di farina di frumento, immersi in un brodo insaporito da una salsa e da un qualche tipo di olio e sormontati da diversi ingredienti.
“Gyutan” identifica la lingua bovina ed è formata dalla parola giapponese Gyuu=bovino e da quella anglo-giapponese tan=tongue=lingua. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la dura occupazione del Giappone da parte delle forze Alleate, cibi come la carne erano semplicemente irraggiungibili, così leggenda vuole che un uomo decise di recuperare le lingue bovine scartate dalle forze americane, cuocerle alla griglia e venderle: fu subito un successo! Ancora oggi la lingua è apprezzata alla griglia, ma si possono trovare anche servizi diversi come l’aggiunta al ramen.

La lingua è anche uno degli ingredienti principe per la preparazione del brodo, quello per intenderci, che andrà a completare il piatto di tortellini o cappelletti e si ritrova nel ricco piatto del lesso servito, generalmente, ripassato per donargli sapore. Classificata nel cosiddetto Quinto Quarto (le frattaglie e le parti meno nobili) viene un po’ snobbata e alla fine avanza sempre (a meno che non abbiate un commensale appassionato). Il quinto quarto, nell’ultimo paio di anni, è stato rivalutato anche a livello d’élite entrando nelle cucine stellate e non rimanendo più rinchiuso tra quelle povere.

Il “Gyutan Ramen” fusion nasce quindi come piatto di riciclo della lingua lessata e di un po’ di brodo avanzato, ma in caso voleste partire da zero, nella ricetta spiegherò anche i passi precedenti.

Per rimanere nell’idea fusion vi suggerisco di assaporare questa ciotola fumante con un tè cinese Gunpowder se preferite un verde deciso e “facile” oppure di completare l’esperienza con una complessa tazza di Tie Guan Yin, oolong cinese dalle note floreali.

Alba suggerisce in abbinamento un Barbera d’Alba, vino rosso dal sorso fresco e delicatamente sapido con tannini garbati.

Valeria

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Polpette di quinoa con zenzero e mentuccia

La moda dello street food ha vivificato la popolarità dei fritti.

A Napoli, ad esempio, prelibati assaggi dorati e croccanti vengono messi nel “coppetiello” un cartoccio che con abile manualità viene richiuso su se stesso in una forma a cono.

E proprio da Napoli arriva quest’idea di polpetta vegetariana proposta dalla mia amica Teodora che tanto me ne ha decantato il successo di pubblico tra amici e parenti di tutte le età.

In effetti, a fronte di pochi semplici ingredienti, il risultato è davvero ottimo, un gusto accattivante che genera l’effetto “una tira l’altra”.

La mentuccia e lo zenzero danno quella punta di freschezza necessaria ad un composto dai sapori morbidi e tondi, mentre la quinoa rappresenta la base dell’impasto.

Della quinoa in cucina si consumano sia i semi che la farina. È una pianta originaria dell’America latina e viene coltivata prevalentemente in Perù, Ecuador e Bolivia. Rappresenta una buona fonte di proteine vegetali, fibre e microelementi come fosforo e magnesio. Inoltre essendo priva di glutine è un toccasana per chi è affetto da celiachia.

Con queste stuzzicanti polpettine propongo un Prosecco extra dry che avvolge e rinfresca il palato, piacevole e vellutato all’assaggio, terso e minerale.

Valeria invece propone una tazza di Gunpowder, tè verde cinese ben strutturato che sostiene il gusto fresco degli ingredienti, ma gestisce bene il fritto.

Alba

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Scaloppine di orata con salsa di senape e capperi

La virtù delle scaloppine è quella di essere un piatto goloso e veloce da preparare. La farina, il latte, il burro e il limone contribuiscono a creare una cremosità che avvolge di gran gusto le carni.

Nella versione che vi propongo oggi ho giocato col sapore intenso e caratteristico della senape grazie al quale dei semplici e anonimi filetti di pesce avranno una veste del tutto nuova e ricercata.

Questa ricetta, seppur tenda a calcare la mano sulle note aromatiche, ha il pregio di non stravolgere né coprire il gusto delicato dell’orata. La verve leggermente pungente della senape e il profumo tipico dei capperi conferiscono al pesce un’impronta gustosa che troverà ampi consensi.

Ho scelto di presentare il piatto contornato da carciofi fritti e da un purè di patate arricchito da un battuto di capperi e menta.

La scelta del vino è ricaduta su un A.A. Riesling dalla giusta intensità gusto olfattiva, succoso, elegante, minerale e persistente.

Valeria suggerisce di abbinare questo piatto a una tazza di Gunpowder, tè verde cinese che ben supporta il gusto della salsa e del pesce.

Alba

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Verdure e cipolline borettane glassate al miele

La cipolla borettana deve il suo nome a Boretto, un comune in provincia di Reggio Emilia dove veniva coltivata da tempi remoti. È caratterizzata da un bulbo molto appiattito ai poli, è piccola ed ampiamente usata per farne sottaceti.

Ottime anche glassate con l’aceto balsamico, le cipolline borettane rappresentano un contorno perfetto con piatti a base di carne.

Nel nostro menù “a incastro” però abbiamo deciso di concederci delle sperimentazioni gustative sempre ovviamente in linea con l’equilibrio dei sapori.

Ne è venuto fuori questo contorno versatile che grazie all’utilizzo del miele e dell’aceto in cottura rende particolarmente piacevoli ed interessanti i contrasti.

Per la decisa tendenza dolce di queste verdure che incontrano il miele, ho scelto in abbinamento un A.A. Kerner, vino bianco fresco e con discreta sapidità, fine e persistente.

Valeria suggerisce di intramezzare questo menù con una tazza di Gunpowder, tè verde cinese dal gusto classico e pulito.

Alba

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Insalata pantesca

Il piatto tutto colorato che porto oggi in tavola è un tripudio di sapori del Sud: capperi di Pantelleria, pomodori Pachino, cipolla rossa di Tropea ed erbe aromatiche del Mediterraneo.
I capperi sono boccioli chiusi di un bellissimo fiore dai petali bianchi e lunghi stami viola che cresce spontaneo lungo le coste. Vengono raccolti dalla tarda primavera e conservati sotto sale o sott’aceto. I più piccoli sono i più pregiati per via della maggiore aromaticità.
Coltivato nel territorio di Ustica, Lipari, Salina, Favignana, Pantelleria è proprio in quest’ultima isola che il cappero trova il riconoscimento IGP, grazie al suo sapore caratteristico più intenso e deciso, dono del terreno lavico proprio di Pantelleria.
Un accorgimento importante per apprezzare al meglio questo piatto gustoso è quello di preferire la cipolla rossa di Tropea ad altre tipologie per via della tendenza dolce più spiccata e proprio per questa ragione adatta alla preparazione di insalate.
La ricetta base è adatta anche ai palati vegetariani ma è possibile realizzare varianti che prevedono l’aggiunta di pesce grigliato, polpo lesso, tonno o formaggi come la feta. Io ho scelto di rinforzare quest’insalata con lo sgombro, pesce azzurro ricco di grassi omega-3 e dunque particolarmente apprezzato nella dieta mediterranea.

Suggerisco in abbinamento un Grillo, vino bianco siciliano, sapido, fresco con piacevoli note erbacee e una buona mineralità.

Valeria invece suggerisce di abbinare questa ricca insalata a un bicchiere di Gunpowder, tè verde cinese che ben sostiene la ricca aromaticità.

Alba

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