Tuberi al forno con noci, miele e paprika

Avete già assaggiato il topinambur? Noto anche come rapa tedesca, o carciofo di Gerusalemme, è un tubero dal sapore ottimo e delicato a metà tra un fungo e un carciofo, una sorta di patata bitorzoluta che a prima vista sembra un bulbo di un fiore.

Si pela col pelapatate e viene impiegato per fritture, risotti, vellutate e croccanti insalate.

È un vegetale arrivato in Europa dall’America Latina nel 1600, e difatti il termine “topinambur” sarebbe una derivazione del nome indios di una tribù brasiliana.

Ho cotto il topinambur al forno insieme ad altre radici e per restare oltreoceano ho inserito nell’insieme sia la patata classica che quella americana, ovvero la patata dolce o batata.

La presenza di entrambe nelle zone più elevate delle Ande, risale al II millennio a.C.

La patata americana è una radice tuberosa dotata di una tendenza zuccherina che ricorda la castagna e ha un’elevata concentrazione di vitamina A, di poco inferiore a quella delle carote.

Vi invito dunque a provare questo contorno tutto vegetale dal gusto antico di terre lontane.

Propongo in abbinamento un Soave Classico, vino bianco morbido, scosso da freschezza agrumata e note sapide.

Valeria invece suggerisce una tazza di tè leggermente affumicato come il Russian Caravan.

Alba

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Aloo Tikki – Polpette indiane di patate

L’autunno è per eccellenza la stagione di quei tesori sotterranei che si rivelano solo a chi li cerca, è la stagione dei tuberi, è il momento in cui l’aperitivo si trasforma in un momento più intimo e conviviale con le persone più vicine.

Proprio perché avevo voglia di un aperitivo “caldo” e avendo delle ottime patate a disposizione ho preparato queste polpette ravvivate da una intensa sferzata di spezie indiane: le aloo tikki.

Stuzzichino diffusissimo in tutta l’India le aloo tikki cambiano leggermente da regione a regione includendo o escludendo non solo alcuni tipi di spezie, ma anche degli ingredienti: le aloo tikki con aggiunta di piselli e paneer (tipico formaggio fresco indiano) sono molto apprezzate anche dai foodblogger italiani.

La ricetta che vi propongo oggi è vegana e senza glutine visto che non ho utilizzato nè uova, nè pane, ma se volete mangiare qualcosa di diverso e non seguite una dieta particolare, provate a preparare gli aloo tikki con l’aggiunta di piselli, impanateli nel pangrattato, friggeteli e serviteli come un hamburger all’interno di un panino con pomodori, cipolle e maionese al pomodoro (ed ecco il McAloo Tikki™).

Un appunto ancora sulle spezie utilizzate:

  • normalmente all’impasto andrebbe aggiunto un cucchiaio di foglie di coriandolo tritate, ma non piacendo al mio ragazzo le ho eliminate: potete decidere di reintrodurle, sostituirle con del prezzemolo o della menta o lasciare il tutto così com’è;
  • queste polpette hanno un gusto “mediterraneo” grazie all’utilizzo della scorza di limone ricavata dallo stesso limone dal quale ho spremuto il succo. In realtà bisognerebbe utilizzare una potente spezia denominata Amchur (polvere di mango essiccato) che dona all’impasto un gusto fruttato e agrodolce, ma che è difficilissima da trovare in Italia. In caso trovaste un mix di spezie chiamato “chaat masala”, in cui l’amchur è presente potete eliminare la scorza di limone e aggiungerne mezzo cucchiaino;
  • infine il sale: per avere un sapore simile all’originale ho voluto usare del sale rosa himalayano, ma se siete dei “vegani nostalgici” potreste usare il sale nero “Kala Namak”. Decisamente più difficile da trovare di quello rosa (che ricordo “sala meno”), il Kala Namak è un sale indiano lavorato con l’aggiunta di minime porzioni di erbe e che, grazie al suo contenuto di elementi simili allo zolfo, emana il classico odore di uova: utile per chi volesse sentirne il gusto nelle polpette!

La salsa non è altro che un frullato di menta e spezie a base d’acqua che ben contrasta l’unto delle polpette: non abbiate remore a intingere le aloo tikki in questa sorta di chutney.

Abbinate questo delizioso stuzzichino a una tazza di Darjeeling First Flush, che con le sue note fresche ben si sposa con il complesso aroma delle polpette e della salsa.

Alba propone in abbinamento un Valdobbiadene Prosecco Superiore extra dry dal sorso morbido e invitante e dalla grana fine ed elegante. Lunga la persistenza che sfuma in aromi di agrumi e di erbe aromatiche.

Valeria

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Shakshouka (Uova in Purgatorio)

13071951_10209151038471239_8241094327789055675_oLa shakshouka è un piatto a base di uova di origine nord-africana che, grazie alle varie immigrazioni specie ebraiche, ha conosciuto una notevole fortuna sulle tavole di tutto il mondo. Il suo nome originale significa mistura, mentre in Italia è denominato “Uova in Purgatorio” o, come a volte viene tradotto malamente in inglese, “Eggs in Hell”.

La ricetta è semplice e gustosa e consiste in uova cotte in un sugo ristretto e speziato. Normalmente è un piatto conviviale poiché cucinato in un’unica grande pentola da cui tutti mangiano assieme, ma ho optato per una soluzione più in linea con le nostre abitudini e scelto di preparare delle porzioni monodose. Io ho aggiunto un po’ di paprika forte per dargli quel piccantino piacevole di fondo, ma se lo preferite più “forte” potete aggiungere del peperoncino e del cumino.

Se non siete uomini e donne da scarpetta allora non pensate nemmeno di prepararla: la shakshouka va accompagnata da generose fette di pane o da pita da intingere nel sugo e per deliziarsi del tuorlo cremoso.

E’ un piatto perfetto per pranzo, ma viene usato anche come ricca colazione o per il brunch, magari in stile vegetariano; ne esistono anche varianti in verde (senza pomodoro e con gli spinaci) e varianti vegane (con il tofu o l’avocado al posto delle uova).

Abbinatelo a un bicchiere o a una tazza di English Breakfast (in questa stagione meglio freddo) per esaltare il gusto delle uova e sostenere la ricchezza del piatto.

Alba propone in abbinamento un Frascati Superiore, vino bianco morbido ben bilanciato da freschezza e misurata sapidità. Di buona persistenza.

Valeria

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Empanadas argentine

L’arte di racchiudere un ripieno delizioso all’interno della pasta è conosciuto OVUNQUE!

Ovviamente sia il ripieno che la pasta variano da posto a posto e la fama di quel dato piatto può rimanere nell’area regionale o sfondare ogni confine e arrivare anche dall’altra parte del mondo.

Ok, mi sono lasciata andare un po’ all’epica, ma devo dire che le empanadas sono famose, molto, e in questi giorni in cui l’Estate è esplosa, il Mondo guarda alle competizioni sportive del Sud America e il cibo da strada spopola, mi è venuta voglia di proporvi questa ricetta.

L’Argentina non è esattamente un paese piccolo e la ricetta delle empanadas varia molto dalla zona e dalle materie prime della regione in cui vengono prodotte: dal canto mio ho scelto una ricetta “cipollosa” e carnivora per far contento il mio compagno che guarda con sospetto le verdure. >_<

La presenza dello strutto sia nel ripieno che nell’impasto mi rimanda un po’ alla cucina contadina di alcune regioni italiane e sono sicura che le mie amiche sarde non avranno problemi a realizzare queste empanadas.

Per l’abbinamento scegliete un Pu Ehr Shu Cha per le empanadas fritte o un Keemun per quelle al forno.

Valeria

Empanadas fritas
Empanadas fritas

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Insalata di ceci mediterranea + Green Virgin Mary

In estate le insalate sono una necessità e un piacere: diventiamo tutti inventivi e creatori per sfuggire alla monotonia della solita insalata di pomodori.
Questo che vi presento oggi è un piatto fresco, nutriente e dall’ispirazione mediorientale, che si può rendere ancora più completo con l’aggiunta di pezzetti di formaggio.
La ricca componente aromatica può essere variata a piacimento nelle quantità per rendere questa insalata più o meno piccante e acidula.

Con gli ingredienti di scarto si può preparare un Green Virgin Mary, gustosa bevanda a base di succo che completa il piatto oppure abbinare il tutto a un bicchiere ghiacciato di tè alla menta.
Il Green Virgin Mary è ispirato al più famoso Virgin Mary, ma la tonalità rossa del succo di pomodoro è stata sostituita da quella verde più vegetale.

Alba propone in abbinamento un Soave classico, vino bianco abbastanza morbido, piacevolmente fresco, fruttato e minerale.

Valeria

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Barbecue di costine di maiale al tè Jasmine

Estate: tempo di convivialità e serate all’aperto, tempo di barbecue!

Il barbecue non dovrebbe essere confuso con la grigliata, anche se ormai ne è diventato sinonimo: deriva dalla parola Taina (una popolazione amerindia) barbacoa e si riferisce al metodo di cottura della carne “sottoterra” come avviene per il porcellino a carraxiu sardo. Quindi una cottura lenta in un “forno” naturale e che dona la tipica affumicatura del barbecue.

La ricetta che segue è stata pensata per chi possiede un barbecue con coperchio, strumento in grado di riprodurre le condizioni di calore uniforme ideali per avere costine morbide e succulente. Per chi invece non lo possedesse, ma desidera cimentarsi lo stesso, consiglio di cucinare il pezzo di carne in forno e aggiungere qualche goccia di salsa Worcestershire alla salsa di soia per donare il tipico gusto “affumicato” della preparazione.

Infine il passaggio dell’acqua al miele è importante perché inumidisce la carne (e la mantiene tenera assieme al vapore sprigionato dalla scodellina di acqua) e ricopre le costine di una patina deliziosamente appiccicaticcia che vi farà “succhiare” le dita mentre mangiate contenti la vostra porzione.

Perché il tè Jasmine? In effetti è un tocco in più: il tè al gelsomino con la sua freschezza e nota floreale contrasta l’agrodolce della preparazione e si fonde in un gusto unico e speciale.

Abbinate a questo piatto untuoso e dolce una tazza di Grand Yunnan, tè rosso cinese amabile dalle note di cacao e spezie.

Alba consiglia in abbinamento un Salice Salentino, vino rosso di medio corpo, piuttosto morbido e persistente.

Valeria

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