Pasta sciancà

La cucina ligure, per la sua semplicità, è pervasa dai sapori semplici dell’orto e dalla volontà di non buttare via nulla. Questa pasta nasce come idea per riciclare la sfoglia che veniva usata per le torte salate o per altre ricette, mentre il condimento è un insieme di verdure primaverili facili da trovare e velocemente lessate per mantenere la loro croccantezza.

Pasta sciancà vuol dire proprio pasta sciancata: i pezzi di sfoglia vengono strappati velocemente senza una forma precisa.

E’ un piatto rustico che difficilmente viene presentato nei ristoranti e che richiama il gusto forte della natura grazie anche all’aglio crudo.

Gustatelo con una tazza di Darjeeling FF – FTGFOP1 – Monteviot (biologico), tè indiano dalle insospettabili note fresche.

Alba propone un abbinamento territoriale, un Riviera Ligure di Ponente Vermentino, vino bianco dai toni morbidi ma ben bilanciato da una piacevole sapidità.

Valeria

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Spezzattino all’antica con l’issopo

La ricetta di questo spezzatino è detta all’antica perché arriva dritta dritta da un ricettario medioevale, ma con delle differenze sostanziali: la carne utilizzata era quella di castrato di agnello, in virtù anche della sua lunga cottura.

L’issopo è una pianta mediterranea usata in erboristeria per le sue proprietà digestive, antispasmodiche ed espettoranti: si può trovare secco, oppure acquistarlo in vaso e rimanere deliziati dalla spettacolare fioritura di centinaia di fiorellini azzurri. Dal punto di vista simbolico è la pianta per eccellenza della purificazione a cominciare proprio dall’episodio dell’Esodo che ha dato l’inizio alla Pasqua ebraica: con i suoi rami intinti nel sangue dell’agnello vennero segnati gli architravi delle case per evitare la strage dei primogeniti ebrei poco prima della fuoriuscita dall’Egitto.

Non c’è da meravigliarsi che nella ricetta originale la carne ovina fosse associata all’issopo.

Perché allora non vi propongo quella ricetta?

Per gli stessi motivi per il quale non vedrete mai nei nostri menù pasquali l’agnello o l’abbacchio!
In questi giorni sarete stati bombardati da immagini forti sui macelli e sulla mattanza degli agnellini: non ci vuole una laurea in economia per sapere che se la domanda è altissima, la catena di montaggio che è la macellazione tocca vertici spaventosi e inumani! Tra le motivazioni questa è una e non starò qui a rimarcarla.
Non sono vegana, né vegetariana, anche se decisamente apprezzo più le verdure che la carne, ma questo non vuol dire che non si debba essere consapevoli della qualità degli allevamenti scegliendo le carni con attenzione e sapendo che, in una dieta varia, la carne (compresi gli insaccati) deve essere alternata ai latticini/formaggi, alle uova, al pesce (e all’infinita varietà di specie acquatiche) e ai legumi altamente proteici come la soia.
L’uso dell’agnello nella Pasqua ebraica rimandava direttamente al sacrificio estremo: quello del primo figlio maschio, quello dell’uccidere un cucciolo che non sarebbe mai cresciuto dando, in una civiltà contadina, molta più carne per sfamarsi, l’immolare un essere innocente e puro per riscattare i propri figli. La Pasqua cristiana accoglie il simbolismo dell’agnello nella figura di Gesù Cristo morto e risorto: lui stesso si è fatto agnello sacrificale, lui il primogenito! Tecnicamente niente più agnelli… Quindi a meno che non si voglia celebrare un sacrificio religioso, si può anche evitare!
Tocchiamo ora la tradizione culinaria di molte regioni: la simbologia cristiana, la cultura contadina, il sincretismo pagano e mille altri fattori hanno portato sulle tavole pasquali l’agnello. Vale la stessa cosa di sopra: oggi si fa per tradizione?
Oppure si fa per gola? E’ indubbio che la carne di qualsiasi cucciolo sia più tenera e adatta a cotture brevi, ma l’ingordigia non era uno dei vizi capitali? Stride un attimo con la festa cattolica che tutti dicono di stare festeggiando.
Poi ognuno è libero di fare quello che crede giusto!

E dopo avervi elencato alcune delle motivazioni (e largo alle polemiche) ecco la ricetta!

Provate ad abbinarla a una tazza di Darjeeling First Flush, le sue note leggermente vegetali si abbinano perfettamente al ricco uso di erbe.

Alba suggerisce in abbinamento un Montepulciano d’Abruzzo, vino dal sorso morbido e caldo ricco di sfumature sapide. Intelaiatura tannica fitta ma mai prevaricante. Ritorni che sfumano su cenni speziati in chiusura.

Valeria

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Capitolo 23, una tazza di Darjeeling Monteviot first flush e un cestino di pane di segale con mousse di salmone e cetrioli

Elisa, nella locanda a fare colazione, chiede ad Alba informazioni sulla possibile produzione di tè nel borgo (sta indagando sul misterioso tè della madre), ma le informazioni che riceve sono negative. In compenso le parla di una ragazza che anni prima era particolarmente appassionata di tè (sospetto di Daria a questo punto, ovvio!). Uscita dalla locanda Elisa va a trovare Vittoria alla Casa delle Camelie e qui si scopre che il figlio Renato è morto tre anni prima! Girovagando nell’esplosione di colore del giardino Elisa si ritrova davanti proprio lei: la camelia gialla! (Coincidenza?)
Sopraffatta dalle emozioni e confusa, Elisa decide di salutare Vittoria senza chiedere spiegazioni…

Mentre approntavo le tartine per questo Tea Time ho pensato di proporvi un classico della cucina inglese: la mousse di salmone! Qui impreziosita dalla presenza dell’aneto. I cetrioli possono essere sia freschi che in agrodolce per dare una sferzata di gusto alla tartina.

Alba consiglia in abbinamento un Prosecco di Valdobbiadene Dry, appagante, morbido e fresco, piacevolmente sapido nel finale. Di persistenza agrumata.

Valeria

Tartine al salmone e cetrioli (ricetta originale)

Ingredienti:

  • pane in cassetta
  • salmone affumicato
  • cetriolo
  • panna acida
  • aneto sminuzzato
  • succo di limone
  • pepe

Mescolate in una ciotola la panna acida, l’aneto e il succo di limone, e aggiungete il pepe. Spalmate il tutto sul pane, disponetevi il salmone affumicato e il cetriolo tagliato a fettine sottili, poi coprite con un’altra fetta di pane.

Cestini di pane di segale con mousse di salmone e cetrioli (mia variante)

Ingredienti:

  • pane di segale in cassetta
  • 120g di salmone affumicato
  • 1 cetriolo
  • sale
  • 120ml di panna acida
  • 1 cucchiaino di panna montata non dolcificata
  • 1 cucchiaio raso di aneto sminuzzato (o senape all’aneto)
  • 20 ml di acqua calda
  • 4g di colla di pesce o mezzo cucchiaino di gelatina in polvere

Ammollate la colla di pesce nell’acqua fredda, strizzatela e dissolvetela nei 20ml di acqua calda.

Frullate il salmone con la panna acida, l’aneto e la gelatina dissolta. Incorporate anche la panna montata. Fate riposare il composto per almeno 6 ore in frigo.

Lavate accuratamente il cetriolo, affettatelo e cospargetelo di sale.

Rivestite dei pirottini imburrati con il pane di segale e passateli 5 minuti sotto il grill a tostare. Lasciate raffreddare.

Scolate i cetrioli dall’acqua che avranno formato.

Riempite i cestini di mousse e decorateli con i cetrioli.

Ruota di quinoa al tè verde con zuppa di fave e funghi alla menta su carpaccio di barbabietola al cocco

Il 2016 sta per finire e la ruota dell’anno gira inesorabilmente verso il 2017 portando a termine, continuando e avviando tutto ciò in cui ci siamo impegnati: l’augurio di Passioni da Bere è che questi sforzi siano per voi fonte di felicità! 🙂

Così, pensando a un piatto che mi ricordasse questo continuo scorrere del tempo, ho immaginato una ruota (forse infuocata) che riunisse in sé moltissimi elementi e ne è uscita questa creazione vegana che racchiude diverse consistenze, diverse temperature e diversi sapori.

A mio avviso questa ricetta può essere tranquillamente vista come un antipasto se produrrete delle “piccole ruote” o un primo (forse anche un piatto unico) per chi decidesse di creare due grandi ruote.

Abbinate questa ruota di buon augurio con una tazza di Darjeeling First Flush che con le sue note vegetali ben si abbina alla complessità del piatto.

Valeria

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Aloo Tikki – Polpette indiane di patate

L’autunno è per eccellenza la stagione di quei tesori sotterranei che si rivelano solo a chi li cerca, è la stagione dei tuberi, è il momento in cui l’aperitivo si trasforma in un momento più intimo e conviviale con le persone più vicine.

Proprio perché avevo voglia di un aperitivo “caldo” e avendo delle ottime patate a disposizione ho preparato queste polpette ravvivate da una intensa sferzata di spezie indiane: le aloo tikki.

Stuzzichino diffusissimo in tutta l’India le aloo tikki cambiano leggermente da regione a regione includendo o escludendo non solo alcuni tipi di spezie, ma anche degli ingredienti: le aloo tikki con aggiunta di piselli e paneer (tipico formaggio fresco indiano) sono molto apprezzate anche dai foodblogger italiani.

La ricetta che vi propongo oggi è vegana e senza glutine visto che non ho utilizzato nè uova, nè pane, ma se volete mangiare qualcosa di diverso e non seguite una dieta particolare, provate a preparare gli aloo tikki con l’aggiunta di piselli, impanateli nel pangrattato, friggeteli e serviteli come un hamburger all’interno di un panino con pomodori, cipolle e maionese al pomodoro (ed ecco il McAloo Tikki™).

Un appunto ancora sulle spezie utilizzate:

  • normalmente all’impasto andrebbe aggiunto un cucchiaio di foglie di coriandolo tritate, ma non piacendo al mio ragazzo le ho eliminate: potete decidere di reintrodurle, sostituirle con del prezzemolo o della menta o lasciare il tutto così com’è;
  • queste polpette hanno un gusto “mediterraneo” grazie all’utilizzo della scorza di limone ricavata dallo stesso limone dal quale ho spremuto il succo. In realtà bisognerebbe utilizzare una potente spezia denominata Amchur (polvere di mango essiccato) che dona all’impasto un gusto fruttato e agrodolce, ma che è difficilissima da trovare in Italia. In caso trovaste un mix di spezie chiamato “chaat masala”, in cui l’amchur è presente potete eliminare la scorza di limone e aggiungerne mezzo cucchiaino;
  • infine il sale: per avere un sapore simile all’originale ho voluto usare del sale rosa himalayano, ma se siete dei “vegani nostalgici” potreste usare il sale nero “Kala Namak”. Decisamente più difficile da trovare di quello rosa (che ricordo “sala meno”), il Kala Namak è un sale indiano lavorato con l’aggiunta di minime porzioni di erbe e che, grazie al suo contenuto di elementi simili allo zolfo, emana il classico odore di uova: utile per chi volesse sentirne il gusto nelle polpette!

La salsa non è altro che un frullato di menta e spezie a base d’acqua che ben contrasta l’unto delle polpette: non abbiate remore a intingere le aloo tikki in questa sorta di chutney.

Abbinate questo delizioso stuzzichino a una tazza di Darjeeling First Flush, che con le sue note fresche ben si sposa con il complesso aroma delle polpette e della salsa.

Alba propone in abbinamento un Valdobbiadene Prosecco Superiore extra dry dal sorso morbido e invitante e dalla grana fine ed elegante. Lunga la persistenza che sfuma in aromi di agrumi e di erbe aromatiche.

Valeria

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Spaghetti integrali con filetti di gallinella e crema alle mandorle

La scintilla per questa ricetta è partita dalla visione sullo scaffale del mio barattolo di crema di mandorle e dalla possibilità di usare questa preziosa e 100% pura salsa vegetale anche in versione salata (tra le dolci possiamo ricordiamo i Brownies capresi di marzapane).

Il passo dopo è stato prendere un piatto semplice e dietetico come degli spaghetti con del pesce bollito e renderlo voluttuoso e peccaminoso :p

Ho scelto il pesce gallinella perché adattissimo a essere lessato, al tempo stesso produce un delicato e saporito fumetto di pesce e in più è di stagione. Chiedete al pescivendolo di eviscerarlo e pulirlo per essere cotto intero e poi sfilettato.

Per donare una sferzata di sapore alla crema ho deciso infine di usare l’aglio in buona quantità, quasi ad ottenere una agliata che conferisce carattere alla dolcezza delle mandorle, ma utilizzandolo sia lesso che crudo per smorzarne la forza.

Un appunto ancora sulla crema di mandorle, se non riusciste a trovare la crema 100% (quindi senza zuccheri aggiunti), è consigliabile utilizzare mandorle fresche (molto oleose) o far rinvenire quelle secche in acqua per una notte intera e poi lavorarle con qualche gheriglio di noce e olio di mandorle dolci (a uso alimentare).

Provate questo piatto con una tazza di Darjeeling FF – FTGFOP1 – Monteviot (biologico), tè nero indiano dalle note estive o, se siete amanti del tè verde, con una tazza di Ceylon Oliphant Nuwara Eliya, tè dello Sri Lanka dalle note quasi di liquirizia.

Per accompagnare al meglio questo piatto Alba suggerisce un Riviera Ligure di Ponente Vermentino, vino bianco delicatamente morbido e strutturato, fresco.

Valeria

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